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RONDONI HA MODERATO LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI QUINTO CAPPELLI CON IL CARD. GUALTIERO BASSETTI E MARCO TARQUINIO

È stato presentato il libro del giornalista forlivese Quinto Cappelli “Le radici di una vocazione” (Ed. San Paolo) che racconta personaggi e protagonisti delle nostre vallate e in particolare don Pietro Poggiolini e don Giovanni Cavini, primi maestri del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. La presentazione, curata dalla San Paolo da una libreria di Roma, si è svolta online il 15 marzo ed è stata moderata dal giornalista Alessandro Rondoni, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Bologna e della Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna. Insieme all’autore sono intervenuti il card. Bassetti e il direttore di “Avvenire”, Marco Tarquinio. «Questo libro - ha affermato Rondoni introducendo la presentazione - racconta le radici di una vocazione che è sempre fatta di incontri storici, di volti e di persone, e Cappelli tratteggia un percorso geografico, ma anche storico, di preti “di periferia” che vivono in mezzo alla gente, in frontiera, che hanno vissuto passaggi importanti. Preti “montanari”, ma di grande cultura e umanità, che hanno saputo influenzare tanti giovani. Un libro che racconta storie di bene, come chiede il Papa a noi giornalisti, e che non guarda al passato ma ai cambiamenti che anche oggi riguardano la Chiesa». Cappelli ha poi raccontato i motivi per cui si è cimentato in questa impresa. «Il primo - ha detto - è l’amicizia con il card. Bassetti, che ho conosciuto in occasione della presentazione di un altro mio libro. Il secondo motivo è di ordine storico e geografico: l’Italia è fatta per oltre il 70% di zone collinari e montuose, ma sia la storia civile sia quella ecclesiale tante volte si dimenticano di questi territori. Il terzo motivo è che da queste zone sono uscite tante personalità, come don Milani, il card. Bassetti e i preti raccontati nel libro». Preti, ha aggiunto Tarquinio, «che vivevano le difficoltà della loro gente, erano uomini del desco, attorno a loro ci si riuniva per dividere il pane della mente e il pane del corpo. Ma so che preti così ci sono ancora, e penso che la sfida che ci sta davanti nei prossimi anni è far sì che la terra buona che ha fatto germinare una vocazione come quella del card. Bassetti possa ripetersi. Questo tempo che stiamo vivendo, che ci chiude in casa, ci riporta la possibilità di riscoprire le nostre radici, di essere noi stessi». Il presidente della Cei, da parte sua, ha sottolineato: «La vocazione, che ho sempre ritenuto il dono più grande che Dio mi ha fatto, non scende dal cielo come un panierino: la vocazione è fatta di incontri, di contatti, di parole, di sguardi, di sorrisi e di rimproveri. Un prete presuppone sempre un altro prete: io ho visto dei testimoni, delle persone in cui era incarnata la vocazione. Ogni vocazione è sempre unica, al Signore non piace omologare le cose. Ringrazio perché questo libro fa rivivere pagine della storia della Chiesa in Italia e di quella che era la mia diocesi di Modigliana. Sono le mie radici perché quei preti mi hanno veramente comunicato la fede e se non ci fosse stato il rapporto con loro penso che non sarei sacerdote».

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