Il prof. Romano Prodi, già presidente della Commissione Europea, è stato intervistato a Bologna dal giornalista Alessandro Rondoni, direttore dell'Ufficio per le Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Bologna e della Ceer (Conferenza Episcopale Emilia-Romagna) e, fra gli altri temi, ha anche parlato della guerra in Ucraina e delle prospettive di pace.
Di seguito il testo dell’intervista realizzata a metà aprile, a pochi giorni dalla Pasqua.
Prof. Romano Prodi, chiediamo la pace in questo tempo di Pasqua, cosa vediamo nella guerra sacrilega in Ucraina?
Purtroppo, debbo essere sincero: in questo momento niente. Vedo la guerra. Una settimana fa pensavo che l’impasse fra i due fronti portasse ad una ragionevolezza. Oggi come oggi c’è solo la speranza. Poi qualcosa succederà.
Papa Francesco ha invocato una tregua per Pasqua, ha detto più volte che siamo dentro una «guerra mondiale a pezzi». Non dobbiamo dimenticare gli altri conflitti nel mondo, come si può sperare la pace?
L’espressione «guerra mondiale a pezzi» è l’incredibile intuizione del Papa. È una guerra mondiale a pezzi, quella in Ucraina è geograficamente ristretta ma le conseguenze sono assolutamente mondiali. La tregua è quello che in tanti hanno chiesto, a cominciare dal Papa, ma in questo momento da parte dei contendenti c’è solo la preoccupazione di prevalere. Poi si vedrà. È qualcosa che sta durando a lungo. Non ci sono mediatori che abbiano la forza di trattare finché non intervengono a mettersi d’accordo Stati Uniti e Cina. Ormai il mondo è fatto in questo modo, piaccia o non piaccia. La Russia sarà potente, ma quando parlavo ai miei studenti dicevo sempre: «La Cina cresce di una Russia all’anno». Pensate alla differenza tra i due. Però né Stati Uniti né Cina hanno voglia di parlare tra di loro. La tensione, anche popolare, aumenta di giorno in giorno: nei giornali, nei discorsi anche accademici. Quindi non vedo la soluzione in questo momento. Spero almeno che ci sia l’esaurimento dell’esasperazione, dell’odio. E questo poi dovrebbe preparare una via d’uscita.
In un momento in cui si cede alla logica delle armi, qual è il ruolo dell’Europa anche per dire no al riarmo?
In teoria enorme, in pratica finché non siamo uniti… Esercitiamo un ruolo fantastico nell’economia, perché abbiamo il mercato comune, ma nella politica onestamente contiamo ben poco. Quando gli analisti americani dicevano che «l’Europa è con Venere e non con Marte», alludevano proprio al fatto che siamo divisi. Pensate, invece, a quanto spendiamo in armi: il nuovo bilancio tedesco è più del doppio di quello russo. Anche la Germania potrà sì prevalere rispetto agli altri Paesi europei, ma a livello mondiale non avrà la forza e l’autorità per poter avere da sola una politica estera.
L’Arcivescovo Card. Zuppi e la Chiesa di Bologna hanno subito pregato per la pace anche con un gesto straordinario, il pellegrinaggio alla Madonna di San Luca con le rappresentanze delle Chiese. Quale compito può svolgere il dialogo ecumenico?
Il ruolo è enorme ma, purtroppo, dobbiamo fare i conti con le tensioni che ci sono tra le Chiese ortodosse, che sono elementi che rendono questa guerra più complicata e difficile. E’ importante che la Chiesa di Roma faccia capire che bisogna andare verso l’ecumenismo e il dialogo, ma in questo momento è difficile. Il Papa come fa a parlare con una Chiesa quando ha l’altra contro? Di fronte a queste controversie il ruolo pacificatore del Papa è molto difficile.
Il messaggio che Papa Francesco ha dato con l’apertura del Sinodo è quello di una Chiesa in uscita, che va incontro alla gente, un ospedale da campo. Anche la Chiesa di Bologna è in cammino sinodale. È un annuncio di speranza in un mondo globalizzato?
Lo è ed ha un grande effetto pedagogico, cioè ci dice quello che si deve fare. Se questo innescherà un processo virtuoso di pace lo vedremo, le dico che le difficoltà di oggi sono tante. Certamente è un riferimento: il Papa è veramente un riferimento, forse ancor più per i non credenti che per i credenti. Sembra assurdo quello che dico. È singolare, è una voce molto ascoltata dalle persone ma i potenti, con le decisioni politiche, evitano di seguire il Papa.
Presidente, vista la sua esperienza, non le sembra che in questo tempo manchi la politica con la P maiuscola?
Sì, nella breve descrizione che ho fatto, in cui prevale il potere che si esercita, è difficile che una finezza politica possa avere un ruolo: è un momento in cui anche i mediatori sono ritenuti essere dall’uno e dall’altro come traditori. Allora bisogna che le acque si calmino, perché i politici saggi possano avere un ruolo. Ed esistono politici saggi.
Bologna, che ha ricordato da poco i vent’anni della morte di Marco Biagi, è nota per l’accoglienza e l’integrazione. Qual è oggi l’elaborazione progettuale della città?
Bologna è in un momento in cui ha uno splendido futuro. Nei secoli ha rappresentato un punto di riferimento, poi con il mondo globale questo è diventato minore. Ma adesso ha delle grandi occasioni per rimettersi nel giro dell’innovazione. Pensiamo alla capacità di calcolo, ai nuovi computer che arrivano, al nuovo campus che andrà fuori dalla città, alla nuova area delle ferrovie... È l’occasione per ritornare ad essere un punto di riferimento nel nuovo. E’ già da un po’ che propongo ai nuovi Rettori: perché non rifacciamo come nel Medioevo? Bologna era l’unica città che aveva i Collegi dei vari Paesi come il Collegio di Spagna, il Collegio dei Fiamminghi. Ricreiamo questi punti in cui arrivano gli studiosi di tutto il mondo: il Collegio degli americani, dei russi, degli ucraini, dei francesi, degli spagnoli… Ritornare Universitas, con le risorse che finalmente esistono, una città in una regione con una situazione economica migliore rispetto al resto del Paese. Questo ruolo lo possiamo giocare prendendo le radici e modernizzandole, gettandole nel XXI secolo. Lo possiamo fare.
La Pasqua che la Chiesa celebra oggi è un annuncio che coinvolge l’impegno personale che ognuno è chiamato a dare, coniugando i grandi temi mondiali con il servizio che la comunità cristiana offre. Come, nella situazione di oggi, interagiscono questi elementi?
Quest’anno c’è un ritorno alle celebrazioni pasquali collettive: è un grande passo avanti. Se prendessimo questo segnale come un esame di coscienza, e nello stesso tempo come un ritorno a una comunità viva che si era dovuta interrompere per la pandemia, questo sarebbe il miglior augurio di Buona Pasqua, cioè esame del singolo e riferimento ad una comunità più grande che ci vede tutti partecipi.